Servizi per i professionisti: La mancata rispondenza dei requisiti acustici costituisce un grave difetto (art. 1669 c.c.)

L’art. 1669 c.c. (Rovina e difetti di cose immobili) si applica non soltanto ai difetti delle strutture portanti, ma a tutti quei difetti che incidono notevolmente sulla funzionalità e sul godimento dell’edificio.

La definizione di gravi difetti data dalla Cassazione civile è:

«Gravi difetti.

Per costante e consolidata giurisprudenza sono gravi sia quei difetti che incidono sulla sostanza, sulla conservazione e sulla stabilità dell’opera – da intendere anche come singola unità abitativa – anche se non determinano una minaccia di crollo immediato o un evidente pericolo di rovina, sia quelli che compromettono gravemente l’utilizzazione ed il godimento dell’opera, pure se la sua stabilità e la sua conservazione non ne risentano (v. da ultimo Cass. civile, sez. II, n. 19305 del 14 luglio 2008), come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera – quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, ecc.- (Cass. civile, sez. II, n. 8140 del 28 aprile 2004), indipendentemente dall’entità della somma di danaro occorrente per la loro eliminazione (Cass. n. 686 del 1991).».

Il Giudice dott. Riccardo Di Pasquale del Tribunale di Modena nella sentenza dell’aprile 2010 [vedere sentenza del Tribunale Modena aprile 2010] ha stabilito che il mancato rispetto dei requisiti del DPCM è “grave difetto”. Infatti:

«6.2 Singole unità immobiliari.

Il ctu ha riscontrato la presenza di vari vizi e difetti.

Devono ritenersi “gravi” solo gli accertati difetti inerenti al mancato rispetto dei requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui al DPCM 5/12/1997, … … …

Il mancato rispetto della normativa acustica attiene ai solai di piano, alle pareti di separazione degli appartamenti ed alle colonne di scarico verticali (v. ctu pagg. 48-64).
Deve ritenersi che tali difetti incidono notevolmente sulla funzione abitativa e sulla possibilità di godimento e di utilizzazione delle singole unità abitative, anche perché estesi a tutto il complesso immobiliare (per una ipotesi di gravi difetti, rilevanti ex art. 1669 c.c., conseguenti a non adeguata coibentazione termica vedi Cassazione civile, sez. II, 25 marzo 1998, n. 3146).».

Dello stesso tenore è la sentenza del Tribunale di Ferrara del marzo 2011 [vedere sentenza del Tribunale di Ferrara marzo 2011]:

«… le carenze rispetto allo standard acustico e termico sono tali da incidere sulla funzionalità del bene e quindi rientrano nella ipotesi ex art. 1669 cc …».

Ed ancora quella del Tribunale di Trieste del dicembre 2011 [vedere sentenza del Tribunale di Trieste del dicembre 2011]:

«in sostanza, “tra i gravi difetti, previsti dall’art. 1669 c.c., idonei a configurare una responsabilità del costruttore vanno inquadrate tutte quelle deficienze costruttive incidenti sulla funzionalità e abitabilità dell’immobile, comportanti una menomazione del godimento del proprietario” (Cass. n. 19305/08).».

Alla stessa conclusione è giunta anche la recente sentenza di Cassazione [Cass. civile, sez. III, n. 1190 del 27/01/12], nella quale ha stabilito che la non rispondenza dell’isolamento termico ed acustico rappresentano dei vizi occulti e rientrano nei gravi difetti (ex art. 1669 cc).

IL DANNO

Se il danno è imputabile sia ad una errata progettazione, sia ad una non accurata direzione dei lavori e sia ad una cattiva esecuzione dell’opera, la giurisprudenza, pressoché unanime, afferma che la disciplina di cui all’art. 1669 c.c. debba applicarsi sia all’appaltatore sia al direttore dei lavori e sia al progettista, potendo concorrere le rispettive responsabilità [Cass. n. 7550 del 27/8/94n. 8904 del 28/10/94n. 10719 del 11/8/00].

In merito ai rapporti tra la responsabilità dell’appaltatore e quella del progettista/direttore dei lavori, è stato stabilito [Cass. Civ. 1997/7992; Cass. Civ. 1994/8904; Cass. Civ. 1985/488] che le due responsabilità, pur derivando da due distinti contratti, l’uno d’appalto e l’altro d’opera professionale, siccome l’unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, per ritenere la solidarietà di tutte nell’obbligo al risarcimento, che le azioni o le omissioni di ciascuna abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando la violazione di norme giuridiche diverse.

Quindi l’acquirente, in funzione del periodo temporale della denuncia, può chiedere il risarcimento del danno alle diverse figure che hanno partecipato alla realizzazione dell’edificio:

– se la denuncia è stata fatta entro l’anno d’acquisto il risarcimento del danno può essere chiesto al venditore, all’appaltatore, al direttore dei lavori e al progettista

– se la denuncia è stata fatta dopo un anno dall’acquisto ma entro i dieci anni del termine della costruzione il risarcimento del danno può essere chiesto all’appaltatore, al direttore dei lavori e al progettista, ma non più al venditore.

L’orientamento della giurisprudenza è consolidato nel riconoscere il risarcimento dei danni in forma specifica come previsto dall’art. 2058 c.c. [Cass. civ., sez. II n. 5103 del 10/05/95].

La quantificazione del danno è dato dal costo necessario a ripararlo ed eventualmente dalla perdita di valore dell’immobile. Il costo dei lavori deve tenere conto dei prezzi riportati nel tariffario delle opere edili all’atto della stima del danno.

Il risarcimento tiene conto non solo del potere d’acquisto della moneta alla data della sentenza ma anche degli interessi compensativi [Cass. civ., sez. II n. 3529 del 21/05/83].